Il crollo del mito del caffè al bar: non è più buono di quello di casa | Cosa ci mettono davvero nella tazzina

Il mito del caffè del bar e del suo sapore sensazionale sta poco alla volta per crollare: ecco che cosa beviamo realmente.

Il caffè migliore del mondo si beve in Italia? Ebbene, pochi sanno che il caffè Gourmet in Italia copre soltanto lo 0,3% del totale. La classica tazza di caffè che si beve al bar molto spesso è sciatta, amara e rafforzata. L’amaro proviene da una tostatura molto scura che all’interno di un caffè va a bruciare gli aromi.

Cosa beviamo quando prendiamo un caffè al bar
Caffè al bar, non è più buono come una volta – ciaotenerife.it

Si tratta di una ricetta poco positiva che ha origine degli anni 70 e che fa in modo che il mondo dell’esercizio pubblico abbia una quantità maggiore di flussi finanziari andando a discapito della qualità della materia prima. Ma, dunque, cosa beviamo davvero al bar?

A cosa prestare attenzione quando si beve un caffè in un bar

Coloro che hanno intenzione di aprire un bar, non devono mettere in conto di spendere chissà quanti soldi. In quanto, pare, l’unica cosa da fare è quella di rivolgersi ad una torrefazione. Questa metterà a disposizione dell’imprenditore una macchina da caffè insieme a macinini, tazzine, arredi e ombrelloni. In cambio, l’unica cosa che vuole è quella che venga venduto il suo caffè il quale viene messo in vendita fino a 30 euro al kg. Caffè il cui contenuto è sconosciuto in quanto né il cliente e né tantomeno il barista sanno il mix esatto di quella miscela.

caffè al bar perché è cattivo
Cosa beviamo realmente al bar- Ciaotenerife.it

L’unica cosa certa è che spesso la tazzina è fin troppo amara. L’amaro infatti sappiamo che deriva da una tostatura scura che va a degradare le componenti aromatiche facendo risalire quelle amarostiche. Insomma, si tratta di un discorso di selezione della materia prima che il torrefattore evita di fare. Così come ci sono molti baristi che vanno ad acquistare caffè scadente solo perché il suo costo è più basso. In ogni caso l’Italia risulta essere il primo esportatore mondiale di caffè torrefatto per volumi. Anche se in passato riusciva a spuntare un prezzo di vendita maggiore alla media. Quindi, se molti anni fa il caffè italiano era visto come un’eccellenza, oggi all’estero viene giudicato come una miscela di qualità medio-bassa.

All’interno di un’indagine si scopre quindi che il caffè che offre un bar italiano è molto spesso mediocre al punto che il cliente medio sente il bisogno di modificarlo con l’utilizzo di dolcificanti o di innaffiarlo con il latte proprio perché al naturale è troppo astringente e amaro. Lo stesso barista spesso non è a conoscenza di ciò che vende né tantomeno sa quali sono le percentuali di Arabica o di Robusta della miscela. E talvolta gli italiani considerano buono il caffè in realtà “cattivo” solo perché è presente la schiuma, anche se la bevanda è molto amara e bruciata. Tutto ciò accade perché i torrefattori fanno in modo che un difetto del loro caffè sia passato come una qualità. Non sorprende, dunque, se molti sono convinti che berlo a casa sia molto meglio che acquistarlo in un bar.

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